Caratteristiche: A ha la missione (consegna) di intervistare B per capire come egli ha vissuto l’estate. A quindi deve sottoporre B ad un “fuoco empatico” o flusso empatico (flusso di empatia) cercando di inventare domande da porre per capire come sia andata l’estate di B.
Dopo il primo round, gli A escono dall’aula ed il formatore si riunisce con i soli B. Il formatore espone ai B un elenco di domande.
Elenco domande, riferite al tema “quest’estate”
- Quando inizia in genere la tua “estate psicologica”? Perché
- E l’ultima estate? Quando è iniziata, quando senti sia finita?
- Dove sei andato? Come sei stato? Perché
- Chi è stata la persona per te più importante? Perché
- Chi ho visto e non avrei voluto vedere? Come mai?
- Chi non ho visto e mi avrebbe fatto piacere vedere? Perché
- Cosa ti è piaciuto di più e cosa meno? Cosa ti ha deliziato? Cosa ti ha deluso? Che emozioni forti hai provato? Quando? Perché erano forti?
- Chi ti ha dato qualcosa di importante come esperienze o insegnamenti?
- Come ti svegliavi alla mattina?
- Qual era il momento più difficile della giornata, in media?
- Quali sono state le giornate più difficili?
- Qual era il momento più bello della giornata, in media?
- Quali sono state le giornate più gioiose?
- Quali aspirazioni si sono concretizzate e quali no?
- Quant’è diversa ora che è finita, rispetto a come la immaginavi o desideravi? Cosa non sei riuscito a fare? Perché cosa ti ha fermato, o chi?
- In cosa è stata diversa rispetto all’estate precedente?
- Cosa rifaresti subito?
- Cosa non rifaresti la prossima estate?
- Chi ti è stato più vicino?
- Chi ti ha dato delusioni e perché?
Altre valutazioni
- la persona intervistata ha un senso del controllo elevato del proprio destino o crede che il suo destino sia in mano agli eventi? (Locus of Control)
- la persona ti sembra introversa o estroversa, in che misura, in quali aree?
I B devono quindi analizzare se tali domande sono state fatte o meno. Generalmente emerge che gli A non hanno in realtà esplorato a fondo la mappa mentale dei B, ma sono rimasti in superficie. Non hanno fatto 20 domande, ma se va bene, 5 o 6.
Vi sono inoltre due giudici che accompagnano il formatore nella valutazione della veridicità o certezza dei B.
Gli A vengono messi in una fila, spalla a spalla. Vengono fatti entrare i B, uno ad uno. Ciascun B deve collocarsi di fronte al proprio A, ad una distanza di qualche metro.
Il formatore usa la “tecnica del doppio” per porre ad A la domanda. A deve rispondere direttamente al B. B deve valutare se A ha colto effettivamente tali informazioni.
Sia i due giudici che il formatore devono valutare se gli A hanno realmente scavato a sufficienza per essere in grado di rispondere efficacemente, o se stanno bluffando, o inventando.
L’esito è generalmente un incremento della consapevolezza sul fatto che non è stata effettivamente esplorata la mappa mentale del proprio partner di esercitazione, e l’ascolto che le persone praticano nella vita quotidiana è di bassa qualità.
Nella seconda fase, i B dovranno intervistare gli A, con la consegna addizionale di trovare nuove domande elicitative (che aprano nuovi orizzonti interessanti e ricchi di informazioni fattuali o emotive). Esempio di altre domande elicitative:
- Se potessi tornare indietro cosa rifaresti? E cosa non rifaresti?
- Descrivimi la tua giornata ideale d’estate, come fosse un film. Come inizia, che fase centrale ha, come si conclude?
Esempio di lavoro sul saper essere relativo alla Competitività Fondamentale (competitività assoluta vs competitività relativa)
Immaginiamo di attivare un percorso formativo orientato alla Competitività Fondamentale del management, intesa come capacità di un manager (e di una cultura aziendale) di sviluppare visione, di ricercare il meglio di sé, anziché perdere tempo in lotte intestine o sterili rincorse alla concorrenza. Vediamo innanzitutto di approfondire il concetto, ricorrendo all’opera di Trevisani (2000):
Per raggiungere la competitività, è assolutamente necessario identificare l’obiettivo e quindi chiarire innanzitutto cosa si intenda con questo termine nel metodo ALM.
Per competitività aziendale si intende la capacità di creare valore elevato per i propri partner e conseguire risultati finanziari di lungo periodo, ponendosi come punto di riferimento in un certo mercato (territoriale, settoriale).
Per competitività personale si intende la capacità di accrescere e utilizzare al massimo i propri potenziali, acquisendo valore sul mercato professionale.
Per competitività organizzativa si intende la capacità di una struttura (pubblica, sociale, associativa) di raggiungere la propria mission con efficienza (eliminazione di sprechi logistici e gestionali) e efficacia (ottenimento reale dei risultati sul pubblico-target dell’organizzazione).
Nel metodo ALM il concetto di competitività è diverso dal concetto di competizione fine a sé stessa. Volutamente, non si intende la competitività come “arrivare primi ovunque”, ma come “raggiungere i propri potenziali”, porsi come riferimento in un settore, sviluppare valore percepito e utilità per i propri target e possedere solide basi manageriali.
Perché – ci si chiederà – competitività non equivale ad “arrivare primi”?
Un motivo è di ordine concettuale: il vero scopo dell’impresa non è vincere sugli altri, ma soddisfare il consumatore o il target. Pensarsi in termini di duellanti può far venir meno questo risultato. Alcune aziende dimenticano di essere sul mercato per il consumatore e per nient’altro. Alcuni enti e strutture utilizzano le risorse disponibili a meno del 10% per la mission e al 90% per scopi personali (denaro e potere). Altre aziende una volta raggiunta la vetta in una gara stremante per le quote di mercato si sfaldano come neve al sole, venendo meno gli stimoli dell’unico loro obiettivo di vita (vincere su qualcuno). La competitività nel metodo ALM consiste invece nel “vincere su sé stessi” e “vincere in innovazione e valore”. I risultati competitivi arriveranno da sé.
All’opposto di questa concezione si colloca la ricerca del potere per il potere, la concentrazione sul business economico al di là di qualsiasi considerazione sull’utilità sociale della propria azienda e dei propri prodotti, si gioca a stare alti abbassando o distruggendo gli altri (falsa crescita o crescita relativa), anziché cercare di capire come poter crescere individualmente o aziendalmente (crescita assoluta).
Troviamo questa tendenza purtroppo in molte aziende e molti manager.
Ricorriamo ad una citazione classica ed importante per inquadrare ancora l’argomento:
Coloro le cui vite sono feconde per sé stessi, per i loro amici o per il mondo, sono ispirati dalla speranza e sostenuti dalla gioia; essi vedono con l’immaginazione le possibilità del futuro e il modo in cui esse devono essere realizzate. Nelle loro relazioni private essi non sono dominati dall’ansia di perdere l’affetto e il rispetto di cui sono fatti oggetto; essi liberamente distribuiscono affetto e rispetto e la ricompensa giunge da sé senza che loro la debbano cercare. Nel loro lavoro non sono perseguitati dalla gelosia dei competitori, ma il loro unico interesse è il reale problema che deve essere affrontato e risolto. In politica essi non consumano il loro tempo e il loro entusiasmo nella difesa di ingiusti privilegi, della loro classe o della loro nazione, ma aspirano a rendere il mondo complessivamente più felice, meno crudele, meno ricco di conflitti di interessi rivali, e più ricco di esseri umani la cui crescita non è stata conculcata e ostacolata dall’oppressione.[1]
Immaginiamo la difficoltà che un formatore può trovare nel cambiare una persona cui i genitori, i colleghi, la famiglia e gli amici, e la cultura aziendale, abbiano insegnato che:
Bisogna sospettare di tutti. Bisogna lavorare per l’oggi perché il domani non si conosce. Se non ti fai valere con la cattiveria gli altri non ti rispetteranno. Bisogna attaccare la concorrenza e indebolirla prima che loro lo facciano a te. Bisogna difendere i propri privilegi. Bisogna cercare di star bene per sé stessi, ciascuno deve pensare per sé.
Quante verità ci sono certamente in queste credenze? Molte di queste affermazioni sono basate su esperienze corrette e concrete, ma quale strada potrà mai fare un manager che fa proprio sempre e interamente questo sistema, in modo monolitico?
Se applicato correttamente, questo sistema porta più volentieri all’assunzione di un plotone di cecchini contro la concorrenza, rispetto ad un investimento in Ricerca e Sviluppo o in qualità. Chi può seriamente pensare che la strada per la crescita passi per l’eliminazione di ogni concorrente?
Esiste tra l’altro un’importante serie di evidenze che mostra come la concorrenza sia benefica per la stimolazione della domanda collettiva (le azioni pubblicitarie e promozionali dei diversi competitor formano una pressione comune che stimola la domanda di base), e altre indicazioni di questo tipo.
- Come agire su un manager che intenda diventare più competitivo ma non conosca la via della Competitività Fondamentale o ricerca interiore?
- Come cambiare il concetto di Pieno e Vuoto?
- Quanto è possibile agire sulle credenze senza interferire con le vite private delle persone che non l’hanno richiesto?
- La manipolazione è sempre giusta? È sempre ingiusta?
Con queste domande fondamentali fanno i conti le azioni formative di cambiamento del Saper Essere.
Se vuoi una vita felice devi dedicarla a un obiettivo, non a delle persone o a delle cose
Albert Einstein
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