Animali ed Empatia

Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

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Oggi vorrei soffermarmi su un argomento che trovo piuttosto interessante, ossia l’empatia animale.

Come tutti ben sappiamo le specie più evolute hanno la capacità di empatizzare con il resto degli esseri viventi. Attraverso questa empatia è possibile creare una connessione profonda che da vita alla comunicazione.

Partendo quindi dalla concezione di empatia, cercherò di mostrare come l’ascolto in profondità possa permetterci di aprire le strada ad una comunicazione pura e autentica, senza filtri, capace di oltrepassare non solo le barriere linguistiche e culturali, ma addirittura di specie.

Cos’è l’empatia?

L’empatia è la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui, ovvero di “mettersi nei panni dell’altro“. (1)

Ma come possiamo metterci nei panni dell’altro, se non siamo in grado di ascoltare? Come possiamo comprendere davvero ciò che prova un altro essere vivente se non lo osserviamo attentamente? Se non lo ascoltiamo attentamente?

L’ascolto è la base per creare un legame empatico. Se non riusciamo, anche solo per un secondo, a recepire il messaggio in maniera profonda, l’empatia non si creerà mai e continueremo a vedere l’altro come un riflesso dei nostri stessi pensieri e comportamenti.

Tornando al mondo animale, sarei curiosa di sapere se qualcuno di voi ha mai messo in “punizione” il proprio animale domestico.

Sapete come mai è così importante capire ciò? Perché gli animali domestici, come cani e gatti, non recepiscono l’idea di “punizione” prettamente umana: per loro essere chiusi dentro una stanza, essere picchiati o legati ad una catena non ha alcun senso di “insegnamento”, anzi, per loro è solo una sofferenza ingiustificata. Non imparano nulla dalla violenza, ma sviluppano soltanto una paura della violenza nei confronti del loro padrone.

Eppure molti sono convinti che picchiare il proprio gatto quando vomita sul divano sia per lui un monito.

Avete mai visto nessuno, che dopo aver tirato una sculacciata al proprio micio se ne è uscito con una frase del tipo: “guarda che se lo rifai ancora, le prendi nuovamente!”

Immagino di sì…

Per il gatto, che vomita il proprio pelo per motivi naturali, quella è solo un’aggressione violenta senza alcun senso. Magari non vomiterà più in quel punto, ma lo farà comunque da qualche altra parte della casa e forse anche in punti nascosti, come sotto il letto o sotto il divano, poiché ha solo paura di subire lo stesso trattamento.

Cosa avrete risolto quindi? Nulla.

Se evitassimo di riflettere le nostre idee e i nostri valori sugli altri, come anche sugli animali, convinti che tutti pensino e si comportino esattamente come noi e che abbiano le stesse reazioni, ma provassimo, per una volta, a fermarci, ascoltare e riflettere, ci renderemmo subito conto che ciò che stiamo facendo o dicendo, spesso per l’altro non ha alcun significato.

Ascoltare serve a questo. Capire serve a questo. Empatizzare serve a questo.

E come dicevo all’inizio, anche gli animali sono in grado di empatizzare: allora perché gli esseri umani evitano di farlo?

Per esempio, secondo uno studio pubblicato sulla rivista “Learning & Behaviour“, i cani sono dotati di forte empatia verso la propria famiglia adottiva e corrono in suo aiuto ogni qualvolta percepiscono nei loro membri un forte stress emozionale. (2)

Anche i gatti sono sensibili ai gesti emotivi umani; infatti diversi esperimenti hanno provato che il gatto reagisce in base all’umore della persona ed è in grado di percepire il suo stato d’animo, di leggerne l’emotività e le espressioni facciali. (3)

Questo perché cani e gatti fanno qualcosa che molti di noi non riusciranno mai a fare: ascoltare ed osservare.

Grazie all’empatia gli animali comunicano con noi, ci inviano segnali, ci stanno vicini quando siamo depressi, gioiscono della nostra felicità e piangono della nostra assenza per solitudine.

Forse, se anche noi fossimo più come i nostri amici animali e provassimo davvero a capire l’altro in profondità, riusciremmo a creare legami forti e indissolubili, fatti di comprensione e non di giudizio.

Nell’azienda del futuro ascoltare, creare empatia e comunicare in modo sano saranno la chiave per oltrepassare qualsiasi barriera e fonderanno nuovi ambienti lavorativi in cui la fiducia e il rispetto reciproco staranno alla base del successo personale e aziendale.

Working on your empathy? Ponder baby animals

(1) https://it.wikipedia.org/wiki/Empatia

(2) https://link.springer.com/article/10.3758%2Fs13420-018-0332-3

(3) https://www.culturafelina.it/gatti-percepiscono-nostro-danimo/

Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

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Domande potenti e network umano

© Articolo estratto con il permesso dell’autore, Dott. Daniele Trevisani dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia. I segreti di una comunicazione efficace. Milano, Franco Angeli

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Restando sempre all’interno dell’area tematica dell’ascolto attivo, introduciamo le domande potenti, che possono essere utilizzate per analizzare interiormente l’interlocutore, oltre che noi stessi, e per capire la sua rete relazionale.

Mentre ascoltiamo sappiamo che ogni parola o frase non esiste da sola, ma si inserisce in reti e nodi mentali preesistenti, che vengono toccati (sollecitati) dalla comunicazione. 

  1. Ogni messaggio che tocca un nodo di una rete di significati stimola i significati vicini ad essa
  2. I messaggi che attraversano le reti cognitive e i sistemi di credenze dell’individuo possono modificare la struttura della rete stessa

Le domande potenti, quelle che scavano nel profondo, possono cambiare la mente. Non solo possono dare luce ai mondi interiori delle persone, ma possono cambiarle agendo sull’incremento della consapevolezza del cliente. È sufficiente avere il permesso di farle, o la richiesta, come avviene nelle sessioni di psicoterapia. 

Alcune domande potenti sono qui portate ad esempio, ma vanno usate con intelligenza, con il permesso di farlo e con pratica professionale: 

  1. Da quanto tempo non ti senti felice? 
  2. Che atmosfera si vive a casa tua? 
  3. Cosa credi sia possibile e cosa credi che sia impossibile nella tua vita? 
  4. Che fase è questa, nella tua vita? 
  5. Con cosa non hai ancora fatto i conti nella tua vita? 
  6. Cosa dà senso alla vita per te? 
  7. Tra quanto tempo vorresti sentirti felice? 
  8. Qual è la cosa peggiore che nella tua vita non deve capitare? 
  9. Quali sono stati i momenti peggiori della tua vita?  
  10. Perché siamo arrivati li? 
  11. Da quanto tempo non ti senti spensierato? 
  12. Con chi ti senti bene? 
  13. Quando ti senti bene? 
  14. Quali sono le persone che ti danno energia e quelle che te ne tolgono? 
  15. Ti senti capace nel programmare il tuo futuro?  
  16. In genere programmi qualcosa nella giornata, settimana, mese, anno, più anni, mai? 
  17. Qual è l’offesa più mortale che potrebbero farti? 
  18. Cosa rappresenta per te un rifugio esistenziale, quel posto dove vai a curare te stesso? 
  19. Cosa vorresti fare nella vita prima di morire, cosa non vuoi dire di non aver provato, o fatto? 
  20. Come ti senti in presenza di X? (dove X è una persona significativa) 

Alcune di queste domande possono essere compiute con tecniche speciali di training mentale, ad occhi chiusi, da distesi, ma questo richiede un tipo di formazione speciale, in quanto la profondità nella lettura di sé stessi, in quella condizione, aumenta, e aumentano anche le risposte emotive, incluse emozioni che portano al pianto, alla rabbia, alla sofferenza, alla gioia. 

Per saper gestire queste reazioni occorre un training speciale, come minimo una scuola di counseling o di coaching avanzato. 

Far uscire queste risposte e le emozioni che le accompagnano fa bene, poiché rompe la “Spirale del Silenzio”, che come un morbo attanaglia persone, aziende e organizzazioni, sino ad intere società. 

Il network cognitivo è l’insieme dei concetti, idee e pensieri che portiamo con noi. 

Dietro ad ogni decisione ci sono “suggeritori occulti”, persone la cui reazione viene immaginata e anticipata, per capire se un sì o un no possono urtare gli equilibri relazionali e mentali esistenti. Es. Cosa avrebbe detto mio padre di fronte a questa scelta? (o qualsiasi altro referente mentale attivo nella mente della persona). 

Un ascolto attivo e avanzato cerca quindi di capire quale sia il network umano che sta dietro alla persona, le persone che la influenzano, il quale può emergere sempre attraverso l’uso di domande potenti come:

  • Secondo lei chi dovremmo coinvolgere in questa decisione?
  • Chi può essere dispiaciuto o rallegrarsi di questa decisione o scelta?
  • Di chi ti piacerebbe avere l’approvazione se fosse possibile averla?
  • In caso di bisogno economico, su chi pensi potresti contare per un aiuto? 
  • In una situazione di bisogno materiale, ad esempio rimanere a piedi con l’auto, chi chiameresti per avere un primo aiuto? 
  • Chi sono le persone che vedi di più
  • Di chi ti fidi in questa fase della tua vita? 
  • Chi ha deluso le tue aspettative? 
"Ascolto Attivo ed Empatia" di Daniele Trevisani

Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:

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Comunicazione Aziendale e Marketing per la Vendita

Comunicazione Aziendale, Marketing e Vendita

Secondo lo scrittore e consulente Senior di Comunicazione Aziendale e Marketing Daniele Trevisani, la comunicazione aziendale è una forma di “comunicazione olistica”: l’insieme di tutte le azioni comunicative poste in essere con ogni mezzo disponibile, dai siti web alle email, dalla modalità di rispondere al telefono sino alla pubblicità, per giungere alla vendita personale e allo stile nel condurre le trattative di vendita e gestione della customer satisfaction. In ogni contatto con il cliente, in ogni momento e con ogni canale, stiamo facendo comunicazione aziendale.

Contattaci per una prima  valutazione su come possiamo aiutarti a migliorare la tua comunicazione aziendale, marketing e vendita, attraverso questo form

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Copyright. Estratto dal libro di Daniele Trevisani (2017). Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva. Milano, Franco Angeli

Introduzione: principi base delle strategie comunicative e il ruolo delle campagne di comunicazione aziendale e marketing

Una strategia comunicativa è un insieme di azioni organizzate per ottenere un certo effetto, o “end-state” (stato finale, stato di arrivo, destinazione). Non è un esercizio puramente artistico, non è “arte per l’arte”.

E’ “arte e strategia per far succedere qualcosa di importante”.

L’impostazione di una strategia trae gran beneficio dall’assimilare metodi e concetti di “campagna di comunicazione”, piuttosto che da azioni scollegate.

Il termine “campagna” deriva il proprio concetto strategico dalle “campagne militari” volte a conquistare un territorio, un forte, un ponte, ma ripulita da ogni coloritura “bellica”. Ne adotta invece il rigore metodologico, l’impostazione centrata su obiettivi, e un certo atteggiamento mentale di fondo che ripulisce la comunicazione strategia da ogni fardello “intellettual-chic” e la porta piuttosto ad osservare se stessa alla stregua delle “Forze Speciali” di cui un’impresa vuole dotarsi per raggiungere i suoi obiettivi.

“Nulla può impedire all’uomo con il giusto atteggiamento mentale di raggiungere il proprio obiettivo; nulla sulla terra può aiutare l’uomo con l’atteggiamento mentale sbagliato.”

Thomas Jefferson

La Comunicazione oggi è davvero la “forza speciale” di ogni azienda, e come tale deve essere considerata, nutrita e cresciuta, con l’atteggiamento mentale di chi sa di poter fare grandi cose.

La comunicazione strategica ne utilizza le logiche,  spostando il tiro su obiettivi tangibili e intangibili importanti, come lo sviluppo di un marchio, la conquista di notorietà, portare avanti un valore, o concetto, trovare consenso, o sviluppo nelle vendite.

Lo scopo è ottenere comportamenti sociali da parte di pubblici-obiettivo (i target-audience della campagna). Che si tratti di una campagna contro il fumo o per il rispetto della meritocrazia, o vendere l’immagine dell’Italia nel mondo, o un integratore alimentare, si tratta di mettere in moto azioni che producano effetti reali.

Una campagna, consiste nell’applicazione di un insieme di molteplici azioni comunicative, azioni che non devono “viaggiare” in modo confuso, ma essere convergenti e strutturate verso uno scopo.

Per fare una buona campagna, serve una buona “regia”. Un comando strategico. Una visione di cosa ottenere.

E noi cosa vogliamo ottenere? Senza saper rispondere a questa domanda basilare, non avremo la possibilità di iniziare né di arrivare a niente.

Per cui, il lavoro di “focusing” – la focalizzazione sul ”cosa”, sul “quando”, sul “dove” e sul “perché” , è estremamente preziosa e farà luce tra veri risultati e falsi risultati.

Ciò che determina il successo di una campagna non è tanto il “volume di fuoco” dei messaggi ma la precisione chirurgica, la perfetta identificazione dei target, e la qualità dei messaggi. E quando parte di questi messaggi arrivano via contatti personali, anche la qualità delle persone fa la differenza.

Nelle campagne, le azioni devono organizzate strategicamente per avvicinarsi a specifici obiettivi.

Principio 1 – Comunicazione come Leadership, o “Commander’s Communication Synchronization”

I principi che devono guidare la strategia comunicativa consistono in:

  • Fissare “End-States”, punti di destinazione strategica (principio di inquadramento di obiettivi chiari o Focusing);
  • Agire tramite “campagne di comunicazione strategica” anziché con miriadi di iniziative scollegate e scoordinate – (principio della Sincronizzazione);
  • Avere un “Comando” della comunicazione strategica, non lasciare la comunicazione ad un ruolo marginale o autoproclamato, o vittima delle questioni tribali organizzative,
  • Costruire una leadership chiara sia dei messaggi, dei temi narrativi sovraordinati, da condividere, e delle operations, fare empowerment di chi dirige la comunicazione strategica
  • Evitare dissonanze nei messaggi che escono (principio di Riduzione della Dissonanza Comunicativa e dei Rumori Comunicativi).

Comunicazione Aziendale. Il concetto di Energia di Attivazione

Una campagna di marketing o di comunicazione deve possedere energia di attivazione. Quando poi si arriva alla vendita, ne deve possedere ancora di più, e questa energia deve essere ancora maggiormente simile ad un raggio  laser che non ad una luce diffusa.

L’attivazione (o Activation nel gergo del marketing) è la metafora di una scintilla che accende interi processi e li alimenta, sintetizza il concetto-chiave che vogliamo esprimere con questo libro-corso: imparare a sviluppare campagne che “attivano”, che generano risultati, che determinano cambiamenti misurabili anche nel breve termine, e mettono in moto le potenzialità aziendali.

L’Activation Research, letteralmente “ricerca su cosa attiva le persone” dovrà poi misurare gli esiti, e dirci se una campagna ha funzionato.

Perché una reazione avvenga è necessaria la sinergia di più azioni comunicative opportunamente orientate. Le azioni devono essere dotate di un minimo livello di energia (l’energia di attivazione), senza la quale le azioni aziendali diventano solo energia sprecata.

Il “metodo in 12 punti” per attivare campagne di marketing, comunicazione, informazione e vendita rappresenta una risposta concreta alle esigenze di chi investe ma spesso non vede risultati, o fa fatica a capire cosa veramente funziona e chi o cosa non funziona.

Il mondo della comunicazione oggi vive in un caos di “entropia”, un capogiro di opzioni tra canali social, pubblicitari, siti web, spot, vendita personale, incontri, presentazioni, meeting, fiere, show, eventi, e qualsiasi altra modalità con cui le aziende cercano di “far uscire” il proprio messaggio e vendere. Chi non afferra le leggi di questo caos, rimane fuori mercato.

In ogni caos c’è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto.

Carl Gustav Jung

Da questo bombardamento le persone escono frastornate. E per chi comunica, fare tanto rumore per nulla, far esplodere fuochi d’artificio che divertono ma non producono azione o vendita, serve a poco, a pochissimo.

Molto meglio un incontro face-to-face nel quale porti a casa un ordine, che una valanga di messaggi a caso. E nel modello delle campagne, ancora meglio quando i media si “intrecciano” strategicamente, creando un campo di convergenze dove le energie di un canale valorizzano quelle degli altri, in un “coro comunicativo” veramente ben orchestrato.

E’ una questione di leadership. Anche nel gestire campagne di comunicazione.

Ogni comandante deve sviluppare una strategia comunicativa coordinata e sincronizzata ed essere guida per il supporto e l’esecuzione di uno sforzo coeso.”[1]

Così si apre uno dei più importanti manuali di comunicazione strategica militare, e questo vale certamente anche per il nostro mondo aziendale.

Nel mondo aziendale, per uscire dall’indifferenza e dal caos comunicativo occorre sviluppare azioni e messaggi in grado di superare barriera di indifferenza e il “rumore di fondo” e determinare effetti su target localizzati.

La potenzialità del metodo genera ricadute sia nell’immediato, e anche sulla cultura e il “modo di fare” azione commerciale, nel medio e lungo periodo, e in tutta l’azienda.

Il metodo instilla un “pensiero strategico” nel quale prima di tutto ci si focalizza sullo stato finale da raggiungere (End-State, in termini militari) e poi sui media e canali da attivare, facendo sinergia tra metodi di vendita face-to-face, canali pubblicitari, strategie di social media, fiere, congressi, eventi.

Ma al di la del canale, il fondamento è fare chiarezza sui messaggi, sui destinatari, sugli influenzatori, sui prodotti, sulle persone e sul chi deve fare cosa, nelle responsabilità individuali e in team.

La perfezione della tecnologia e la confusione degli obiettivi sembrano caratterizzare la nostra epoca.

Albert Einstein

È fondamentale pensare a quali veri obiettivi attivare in una “campagna” che assimila molti concetti dai metodi delle “campagne militari”, e da questi deriva una sua impostazione strategica.

Per fare una metafora, troppo spesso le aziende si impegnano in una “guerra di logoramento” in cui ogni giorno drenano energie senza vederne il ritorno, anziché focalizzarle in azioni mirate e d’impatto. Con questo corso, si apprenderà ad invertire decisamente la rotta.

[1] Major General Stephen Layfield Introduction to US Joint Forces Command (2010). In: “Commander’s Handbook for Strategic Communication and Communication Strategies”. Published by U.S. Joint Forces Command, Joint Warfighting Center, Suffolk, Virginia.

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Comunicazione aziendale, marketing e vendita. Un approfondimento

Comunicazione aziendale

Rielaborazione da Wikipedia inglese

La comunicazione aziendale è un insieme di attività coinvolte nella gestione e orchestrazione di tutte le comunicazioni interne ed esterne volte a creare un punto di vista favorevole tra gli stakeholder da cui l’azienda dipende. [1] Sono i messaggi emessi da un’organizzazione, un ente o un istituto aziendale al suo pubblico, come dipendenti, media, partner di canale e pubblico in generale. Le organizzazioni mirano a comunicare lo stesso messaggio a tutti i suoi stakeholder, per trasmettere coerenza , credibilità ed etica .

La comunicazione aziendale aiuta le organizzazioni a spiegare la loro missione , combinare le sue molteplici visioni e valori in un messaggio coerente per gli stakeholder. Il concetto di comunicazione aziendale potrebbe essere visto come una struttura di comunicazione integrativa che collega gli stakeholder all’organizzazione .

Contenuti

Metodi e tattiche di comunicazione aziendale

Tre gruppi principali di pianificazione delle attività e comunicazione costituiscono la spina dorsale del business e dell’attività delle organizzazioni imprenditoriali. Questi includono la comunicazione di gestione , la comunicazione di marketing e la comunicazione organizzativa .

Le responsabilità della comunicazione aziendale sono:

  • promuovere il profilo della “azienda dietro il marchio” ( corporate branding )
  • per ridurre al minimo le discrepanze tra l’identità desiderata dell’azienda e le caratteristiche del marchio
  • delegare compiti nella comunicazione
  • formulare ed eseguire procedure efficaci per prendere decisioni in materia di comunicazione
  • mobilitare il supporto interno ed esterno per gli obiettivi aziendali
  • coordinarsi con le imprese internazionali

Uno studio del Conference Board di centinaia delle più grandi aziende degli Stati Uniti ha mostrato che quasi l’80% ha funzioni di comunicazione aziendale che includono relazioni con i media, scrittura di discorsi , comunicazione con i dipendenti, pubblicità aziendale e relazioni con la comunità. [2] Il pubblico è spesso rappresentato da organizzazioni non governative attiviste (ONG) auto-nominate che si identificano con un problema particolare.

La maggior parte delle aziende dispone di gruppi specializzati di professionisti per la comunicazione con pubblici diversi, come la comunicazione interna, la comunicazione di marketing, le relazioni con gli investitori, le relazioni con il governo e le pubbliche relazioni. [1]

Componenti della comunicazione aziendale

Marchio aziendale

Articolo principale: marchio aziendale

Un marchio aziendale è la percezione di un’azienda che unisce un gruppo di prodotti o servizi per il pubblico sotto un unico nome, un’identità visiva condivisa e un insieme comune di simboli. Il processo di corporate branding prevede la creazione di associazioni favorevoli e reputazione positiva presso gli stakeholder interni ed esterni. Lo scopo di un’iniziativa di branding aziendale è generare un alone positivo sui prodotti e sulle attività dell’azienda, trasmettendo impressioni più favorevoli di tali prodotti e attività.

In termini più generali, la ricerca suggerisce che il marchio aziendale è una strategia appropriata da implementare per le aziende quando:

  • esiste una significativa ” asimmetria informativa ” tra un’azienda e i suoi clienti; [3] i clienti sono molto meno informati sui prodotti di un’azienda rispetto alla società stessa
  • i clienti percepiscono un alto grado di rischio nell’acquisto dei prodotti o servizi dell’azienda [4]
  • le caratteristiche dell’azienda dietro il marchio sarebbero rilevanti per il prodotto o il servizio che un cliente sta considerando di acquistare [5]

Identità aziendale e organizzativa

Esistono due approcci per l’identità:

  • L’identità aziendale è la realtà e l’unicità di un’organizzazione, che è integralmente correlata alla sua immagine e reputazione esterna e interna attraverso la comunicazione aziendale [6]
  • L’identità organizzativa comprende quelle caratteristiche di un’organizzazione che i suoi membri ritengono centrali, distintive e durature. Cioè, l’identità organizzativa consiste in quegli attributi che i membri ritengono fondamentali per (centrali) e descrittivi in ​​modo univoco dell’organizzazione (distintiva) e che persistono all’interno dell’organizzazione nel tempo (duraturo) “. [7]

Si possono distinguere quattro tipi di identità: [8] [9]

  • Identità percepita: l’insieme di attributi che sono visti come tipici della continuità, centralità e unicità dell’organizzazione agli occhi dei suoi membri.
  • Identità proiettata: le auto-presentazioni degli attributi dell’organizzazione manifestate nei segnali impliciti ed espliciti che l’organizzazione trasmette a un pubblico di destinazione interno ed esterno attraverso la comunicazione e i simboli.
  • Identità desiderata (chiamata anche identità “ideale”): l’immagine idealizzata che i top manager hanno di ciò in cui l’organizzazione potrebbe evolversi sotto la loro leadership.
  • Identità applicata: i segnali che un’organizzazione trasmette consciamente e inconsciamente attraverso comportamenti e iniziative a tutti i livelli all’interno dell’organizzazione.

Responsabilità aziendale

Articolo principale: responsabilità sociale delle imprese

Responsabilità d’ impresa (spesso indicata come responsabilità sociale d’impresa ), cittadinanza d’impresa , sostenibilità e persino capitalismo consapevole sono alcuni dei termini utilizzati dai media e dagli sforzi di marketing aziendale quando le aziende si sforzano di conquistare la fiducia e la lealtà dei componenti.

La responsabilità aziendale (CR) costituisce il rispetto di un’organizzazione per gli interessi della società, dimostrato dall’assunzione della proprietà degli effetti che le sue attività hanno sui componenti chiave, inclusi clienti, dipendenti, azionisti, comunità e ambiente, in tutte le parti delle loro operazioni. In breve, la CR spinge un’azienda a guardare oltre la sua linea di fondo tradizionale, alle implicazioni sociali della sua attività. [10]

Reputazione aziendale

Articolo principale: gestione della reputazione

Le reputazioni sono valutazioni generali delle organizzazioni da parte dei loro stakeholder. Sono percezioni aggregate da parte delle parti interessate della capacità di un’organizzazione di soddisfare le proprie aspettative, indipendentemente dal fatto che queste parti interessate siano interessate ad acquistare i prodotti dell’azienda, a lavorare per l’azienda o a investire nelle azioni dell’azienda. [11]

Comunicazione in caso di crisi

Articolo principale: comunicazione di crisi

La comunicazione di crisi è talvolta considerata una sotto-specialità della professione di pubbliche relazioni progettata per proteggere e difendere un individuo, un’azienda o un’organizzazione che deve affrontare una sfida pubblica alla sua reputazione. Queste sfide possono presentarsi sotto forma di un’indagine da parte di un’agenzia governativa, un’accusa penale, un’indagine sui media, una causa di azionisti , una violazione delle normative ambientali o uno qualsiasi di una serie di altri scenari che coinvolgono la situazione legale, etica o finanziaria dell’entità. La crisi per le organizzazioni può essere definita come segue: [10]

Una crisi è una grave catastrofe che può verificarsi naturalmente o come risultato di errori umani , interventi o persino intenti dannosi. Può includere devastazione tangibile, come la distruzione di vite o beni, o devastazione immateriale, come la perdita di credibilità di un’organizzazione o altri danni alla reputazione. Questi ultimi risultati possono essere il risultato della risposta della direzione alla devastazione tangibile o il risultato di un errore umano. Una crisi di solito ha un impatto finanziario effettivo o potenziale significativo su un’azienda e di solito colpisce più circoscrizioni in più di un mercato.

Comunicazione interna / dipendente

Articolo principale: comunicazione interna

Man mano che l’estensione della comunicazione cresce, molte aziende creano una funzione di relazioni con i dipendenti (ER) con personale dedicato per gestire i numerosi media attraverso i quali i dirigenti possono comunicare tra loro e con il resto dell’organizzazione. La comunicazione interna nel 21 ° secolo è più che appunti, pubblicazioni e trasmissioni che la compongono; si tratta di costruire una cultura aziendale sui valori che guidano l’eccellenza organizzativa. Gli specialisti di pronto soccorso sono generalmente tenuti a svolgere uno o più dei seguenti quattro ruoli: [12]

  • Efficienza: la comunicazione interna viene utilizzata principalmente per diffondere informazioni sulle attività aziendali.
  • Significato condiviso: la comunicazione interna viene utilizzata per costruire una comprensione condivisa tra i dipendenti sugli obiettivi aziendali.
  • Connettività: la comunicazione interna viene utilizzata principalmente per chiarire la connessione delle persone e delle attività dell’azienda.
  • Soddisfazione: la comunicazione interna viene utilizzata per migliorare la soddisfazione sul lavoro in tutta l’azienda.

Relazioni con gli investitori

Articolo principale: relazioni con gli investitori

La funzione di investor relations (IR) è usato dalle aziende che pubblicamente commerciano le azioni in una borsa. In tali società, lo scopo dello specialista IR è quello di interfacciarsi con gli stakeholder finanziari attuali e potenziali, vale a dire investitori al dettaglio, investitori istituzionali e analisti finanziari.

Il ruolo delle relazioni con gli investitori consiste nell’adempiere a tre funzioni principali:

  • rispettare le normative
  • Crea una relazione favorevole con i principali segmenti di pubblico finanziario
  • contribuire a costruire e mantenere l’immagine e la reputazione dell’azienda

Pubbliche relazioni: gestione dei problemi e relazioni con i media

Articolo principale: pubbliche relazioni

Il ruolo dello specialista delle pubbliche relazioni, in molti modi, è quello di comunicare con il pubblico in generale in modi che servono gli interessi dell’azienda. Le PR sono quindi costituite da numerose aree di specializzazione che trasmettono al pubblico informazioni sull’azienda, tra cui sponsorizzazioni, eventi, gestione dei problemi e relazioni con i media. Nello svolgimento di questo tipo di attività, lo specialista PR deve incorporare messaggi aziendali più ampi per trasmettere il posizionamento strategico dell’azienda. Ciò garantisce che le attività di PR trasmettano in definitiva messaggi che distinguono l’azienda rispetto ai suoi concorrenti e al mercato in generale, comunicando al contempo il valore dell’azienda al pubblico di destinazione.

Gestione dei problemi

Un ruolo chiave dello specialista di PR è quello di far conoscere meglio l’azienda per i tratti e gli attributi che costruiscono la distintività percepita dall’azienda e la competitività con il pubblico. Negli ultimi anni, gli specialisti di pubbliche relazioni sono stati sempre più coinvolti nell’aiutare le aziende a gestire questioni strategiche: preoccupazioni del pubblico sulle loro attività che sono spesso amplificate da gruppi di interesse speciali e ONG. Il ruolo dello specialista in PR consiste quindi anche nella gestione delle problematiche, ovvero “l’insieme delle procedure organizzative, delle routine, del personale e delle problematiche”. [13] Una questione strategica è quella che obbliga un’azienda ad affrontarla perché esiste “un conflitto tra due o più gruppi identificabili su questioni procedurali o sostanziali relative alla distribuzione di posizioni o risorse”. [14]

Comunicazione Aziendale: Relazioni con i media

Per costruire migliori relazioni con i media, le organizzazioni devono coltivare relazioni positive con membri influenti dei media. Questa attività potrebbe essere gestita dai dipendenti all’interno del reparto di relazioni con i media dell’azienda o da una società di pubbliche relazioni.

Profilazione azienda / portavoce

Questi “volti pubblici” sono considerati autorità nel rispettivo settore / campo e garantiscono che l’azienda / organizzazione sia sotto i riflettori.

  • Gestione dei contenuti dei siti web aziendali e / o altri punti di contatto esterni
  • Gestione delle pubblicazioni aziendali – per il mondo esterno
  • Gestione dei supporti di stampa

Riferimenti

    1. ^ Riel, Cees BM van ; Fombrun , Charles J. (2007). Elementi essenziali della comunicazione aziendale: Abingdon e New York: Routledge. ISBN 9780415328265 .
    2. ^ “Gestione delle comunicazioni aziendali in un clima competitivo”, uno studio del Conference Board , di Kathryn Troy, 1996.
    3. ^ Nayyar, PR (1990) “Asimmetrie informative: una fonte di vantaggio competitivo per società di servizi diversificate”, Strategic Management Journal , 11: 513-519.
    4. ^ Aaker, DA e Myers, JG (1991) Advertising Management , New York: Prentice-Hall.
    5. ^ Brown, TJ e Dacin , PA (1997) “L’azienda e il prodotto: associazioni di imprese e risposte sui prodotti di consumo”, Journal of Marketing , 61 (1): 68-84.
    6. ^ Gray, ER e Balmer, JMT (1998) Managing Corporate Image and Corporate Reputation , London: Long Range Planning.
    7. ^ Pratt, MG e Foreman, PO (2000) ” Classificazione delle risposte manageriali a identità organizzative multiple”, Academy of Management Review , 25 (1): 18-42).
    8. ^ Balmer, JMT (1997) Corporate Identity: Past, Present and Future, International Center for Corporate Identity Studies , Working paper series 1997/4.
    9. ^ Balmer, JMT e Wilson, A. (1998) “Corporate Identity: c’è di più in essa di quanto sembri”, International Studies of Management & Organization , 28 (3): 12-31.
    10. Vai a: b Argenti , PA (2009) Corporate Communication , New York: McGraw-Hill / Irwin.
    11. ^ Charles, F. (1996) Reputazione: realizzazione di valore dall’immagine aziendale , Boston: Harvard Business School Press.
    12. ^ Krone, K., Jablin , FM e Putnam, LL (1987) “Teoria della comunicazione e comunicazione organizzativa: prospettive multiple”, in FM Jablin et al (a cura di), Manuale di comunicazione organizzativa , pp. 18-69, Newbury Park , CA: Pubblicazioni Sage.
    13. ^ Dutton, J. e Ottensmeyer , E. (1987) “Strategic issue management systems: forum, function and context”, Academy of Management Review , 12: 355-365.
    14. ^ Cobb, BW and Elder, CD (1972) Participation in American Politics: the Dynamics of Agenda Building , boston : Allyn and Becon

 

Comunicazione aziendale e gestione delle risorse umane

Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

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L’articolo di oggi ruota attorno ad uno dei temi più discussi nel mondo del lavoro, ossia la comunicazione aziendale e la gestione delle risorse umane. 

Come imprenditori, c’è da chiedersi innanzitutto che valore attribuiamo ad entrambe, e quindi: 

  1. quanto contano per me le persone che lavorano nella mia azienda? 
  1. Considero utile la loro formazione? E quanto sono disposto ad investirci? 
  1. Quanto conta per me la comunicazione in azienda? La considero indispensabile per raggiungere il successo come impresa, oppure preferisco non sprecare ore preziose di lavoro per formarmi e formare i miei dipendenti alla comunicazione efficace? 

Ci sono molte altre domande che potrei aggiungere, ma se dovessi elencarle tutte, probabilmente al posto di un articolo produrrei un libro. 

È chiaro che, una volta che ci siamo posti le giuste domande, dobbiamo anche darci le giuste risposte. E proprio a questo punto sarei curiosa di leggere nel pensiero di ogni imprenditore che sta leggendo questo post, per creare una statistica reale della concezione che le aziende italiane hanno del capitale umano e del supporto consulenziale in marketing e comunicazione strategica. 

Potrei sbagliarmi, ma dalle precedenti esperienze lavorative mi sono accorta che, in Italia, la maggior parte delle aziende vede le persone come numeri sostituibili e i corsi di formazione come una spesa inutile.  

Il nostro compito, come consulenti, è quello di sfatare questo mito e di provare in tutti i modi a far aprire gli occhi delle aziende sul futuro del lavoro. 

Il futuro che io vedo, forse ancora nell’utopia della giovinezza, è un futuro dove le aziende valorizzano sé stesse attraverso la cura per il proprio personale, dove ogni dipendente viene posto al centro di ogni discussione, dove le persone riescono a bilanciare con serenità vita privata e lavorativa, ma soprattutto dove la comunicazione sia argomento fondamentale nella formazione di ogni lavoratore. 

Rendiamoci conto che, raggiungere obiettivi all’interno di qualsiasi società comporta il doversi relazionare con colleghi, clienti e fornitori: in altre parole con altri esseri umani che, come noi, hanno sogni, aspirazioni, valori e credenze specifici, con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno quando interagiamo. 

Se l’interazione non è fluida si creano ostacoli, spesso insormontabili, al successo e si rischia il fallimento. Per questo motivo lavorare sulle proprie capacità comunicative, e soprattutto su quelle dei nostri dipendenti, è fondamentale per permettere alla propria società di diventare sempre più competitiva sul mercato. 

Saper comunicare bene giova sia al personale interno, che all’immagine stessa dell’azienda nei confronti di clienti e fornitori esterni con cui condurremo negoziazioni positive e svilupperemo rapporti di fiducia duraturi. 

Per concludere vorrei dire due parole a tutti quegli imprenditori che si sono soffermati a leggere queste poche righe: se davvero ci tenete al futuro della vostra impresa osservate il mondo che cambia, poiché se sta cambiando significa che l’essere umano ha raggiunto nuove consapevolezze e vuole vivere la propria vita privata e lavorativa in modo diverso. Le nuove generazioni si sono rese conto che per lavorare bene, bisogna essere felici e anche l’azienda è responsabile della loro felicità. Dipendenti felici significa maggiore produttività, che, unita ad una comunicazione strategica consapevole, può davvero fare la differenza nel mondo che verrà. 

Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

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