Ogni volta che sconfiggiamo l’ignoranza latente su chi siamo, cosa siamo e cosa possiamo diventare, questa diventa una vittoria da celebrare. E sappiamo anche che una vittoria profonda richiede un lavoro in profondità. Nel Deep Coaching non ci accontentiamo di incrementi puramente conoscitivi ma vogliamo che il cambiamento interessi il corpo, la mente, lo spirito, e l’essenza vitale delle persone stesse. So che si tratta di sfide difficili ma questo non ci farà demordere.
Più difficile è la vittoria, più grande è la felicità nel vincere.
Pelé
Su numerosi aspetti di teoria manageriale e comportamenti aziendali, è possibile applicare una formazione attiva in cui i clienti siano partecipi della costruzione della conoscenza stessa.
Il DCE (Diagramma di Causa-Effetto) è uno degli strumenti più utili in questa fase. Scopo del DCE è quello di costruire teorie e sviluppare modelli operativi sulla base di conoscenze già possedute dai partecipanti.
Il DCE si basa sul dato di fatto che molto di quanto il formatore desidera trattare è già conosciuto dal discente, molto sapere è già accumulato all’interno delle esperienze dell’individuo e – per sommatoria – del gruppo in formazione.
Il DCE aiuta a sistematizzare questa conoscenza e a tradurla in modelli applicabili e operativi per l’azione manageriale, è utile sia per analizzare situazioni esistenti che per prevedere andamenti futuri. Come sottolinea von Wright[1],
la costruzione delle teorie serve a due scopi principali: prevedere l’accadimento di eventi o risultati di esperimenti, e così anticipare nuovi fatti, e spiegare, o rendere intelligibili, i fatti che sono stati già registrati.
Il DCE serve per entrambi gli obiettivi: per analizzare relazioni di causa-ed-effetto (costruire un quadro di ipotesi relativo a tutti i fattori che possono generare un risultato o causare un problema), ma anche per allenarsi al variables-reasoning (il “ragionare per variabili”) prima di prendere decisioni (agire per rovesciare il comportamento del “management da bar”).
Il valore del DCE è quindi sia
- Strumentale: (le analisi che produce sono utili per studiare il problema in esame), che
- meta-strumentale: aiuta il soggetto ed il gruppo ad allenarsi nel costruire modelli operativi, compiere analisi e a sistematizzare ipotesi, pensiero logico e conoscenza.
Esempio applicativo sulla costruzione in aula di un Diagramma di Causa-Effetto
Come evidenzia Trevisani (2000),
Il primo e più importante contributo delle discipline scientifiche è il variables reasoning, un’impostazione di fondo del ragionamento scientifico ed un insegnamento prezioso per l’impresa: trattare i problemi in termini di variabili e loro relazioni. Un problema quale “calano le vendite negli USA” andrà quindi studiato in termini di “cosa determina il calo delle vendite” e “cosa determina un successo di vendita in quel paese”. Dovremo quindi costruire un vasto raggio di ipotesi e spiegazioni possibili. Ad esempio: ipotesi 1 – “le vendite calano perché il paese è in fase di recessione “; ipotesi 2 – “le vendite calano perché sono entrati nuovi concorrenti”, ipotesi 3 – “le vendite calano perché la nostra rete commerciale si è indebolita”, ecc…
Queste ipotesi andranno verificate empiricamente (partendo da dati reali), sino ad identificare la causa vera o l’insieme di cause su cui agire.
Lo stesso procedimento proposto si applica a livello di prodotto, su problemi quali “la linea B genera troppi pezzi difettosi”, su problemi organizzativi e di servizio (es: analisi del motivo per cui “i nostri tempi medi di consegna sono superiori alla concorrenza”) e su temi sociali (es: attacco alla disoccupazione giovanile partendo dai fattori che la generano, senza pensare a interventi palliativi che creano finta occupazione).
Ragionare per ipotesi, sviluppare alternative e sottoporle a verifica significa adottare un metodo scientifico. Molte aziende invece operano su problemi di tale natura con azioni impulsive tipo “cambiamo il direttore commerciale”, “raddoppiamo la pubblicità” o “cambiamo fornitore” magari operando proprio sulle leve sbagliate.
Essere competitivi significa quindi – innanzitutto – saper analizzare i fattori critici del successo prima di agire. Significa costruire una base di conoscenza aziendale sui rapporti di causa-effetto in cui l’impresa è coinvolta, prima solo abbozzata, poi migliorata e verificata in parte, poi sempre più completa ed esaustiva, fino a possedere il quadro esatto della situazione. Tanto più ampia la base di conoscenza aziendale, tanto meglio l’impresa saprà quali leve toccare e che risultato ne emergerà.
Il tentativo di ragionare per variabili e loro relazioni costituisce innanzi tutto uno strumento pratico. Con un effetto ulteriore: in seguito al suo utilizzo ripetuto esso si trasforma in una impostazione culturale, filosofia guida positiva di una cultura aziendale analitica e basata sul core-problem solving. La cultura del variables-reasoning vale come linea guida per ogni analisi dei problemi aziendali, in ogni settore e reparto.
Nell’approccio variables-reasoning si applica un procedimento (prima di tutto mentale, poi eventualmente supportato da supporti scritti o software) in cui il problema o il goal viene analizzato in termini di variabili che lo possono generare, di rapporti causa-effetto e fattori generativi. Si costruisce quindi un quadro di ipotesi da cui partire, visualizzabile tramite un diagramma. Le singole ipotesi devono essere verificate e costituiscono la base per lo sviluppo di strategie[1].
È possibile creare DCE innestati, nei quali – con la tecnica della zoomata – si approfondiscano ulteriormente le cause o ipotesi identificate. In un contesto di formazione manageriale, il livello di profondità dell’analisi dipende dal tempo a disposizione, dall’esperienza specifica dei partecipanti e dal clima di cooperazione del gruppo.
I metodi per costruire il DCE sono stati divisi da Trevisani (2000) nel metodo ALM in “negativi”, “positivi” e “a livelli”[2].
- I DCE negativi sono applicati a problemi e utilizzano formulazioni verbali negative, es: “Demotivazione, impreparazione e obiettivi confusi determinano calo di vendita”.
- I DCE positivi si applicano a goals e utilizzano formulazioni positive, es: “La qualità della formazione dipende dalla capacità di realizzare un’analisi efficace dei fabbisogni formativi, predisporre moduli veramente professionalizzanti, utilizzare docenti e metodi didattici coinvolgenti”.
- I DCE “a livelli” presentano le relazioni in termini di variabili pure, es: “Il livello qualitativo del prodotto dipende dal livello di manutenzione dei macchinari e dal grado di purezza delle materie prime”.
Sempre ricorrendo all’opera di Trevisani (2000), presentiamo in seguito alcuni esempi.
Nel primo DCE viene applicata una zoomata su un fattore considerato primario (la capacità di vendita personale). Come si noterà nello schema, alcuni fattori sono ricorrenti, in altre parole possono comparire collegati a più caselle. Ogni casella consiste infatti in un’analisi a sé, e pertanto è possibile che un fattore pervasivo come la capacità di comunicazione entri sia nella qualità dell’assistenza che nella capacità di vendita e nella capacità di gestire il personale.
Il diagramma primario sostiene ad esempio che il successo di vendita sia collegato alle capacità personali (competenze, comunicazione, affidabilità, proiezione di un’immagine professionale), ad un accurato studio dei destinatari (segmentazione strategica per individuare il target, segmentazione operativa per individuare i prospects e i decisori, analisi dei bisogni dei destinatari finalizzata a capire come creare valore), alla qualità del prodotto e suo rapporto qualità/prezzo, alla qualità dell’assistenza e garanzie, e alla capacità di promozione. Ciascuno di questi fattori a sua volta dipende da altre cause. Ad esempio, la qualità della promozione dipende dalla qualità del supporto media, dalle capacità di vendita personale e dai supporti cartacei alla vendita diretta o sul punto di vendita (display, cataloghi, listini, company profile, ecc).
La zoomata riguarda uno di questi aspetti: la capacità di vendita personale. Secondo lo schema, la capacità di vendita viene collegata alla conoscenza del prodotto, alla formazione ricevuta, alla motivazione e impegno del venditore, e ai supporti logistici. Ciascuno di questi elementi dipende a sua volta da altri. Ad esempio, la conoscenza del prodotto è correlata al settore di provenienza (difficilmente un meccanico potrà occuparsi di alta moda femminile) e all’impegno nello studio del prodotto (che invece chiunque può mettere in atto); la qualità formativa dipende dall’attivazione di specifici percorsi sulla tecnica di vendita, dall’utilizzo di metodi formativi efficaci quali role-playing e project-works, e dall’affiancamento con persone esperte e tutor; la motivazione ed impegno dipendono dai benefit e dalla remunerazione (materiale e immateriale: denaro e gratificazioni, possibilità di crescita), e dalla cultura aziendale che deve produrre obiettivi chiari e sistemi di controllo efficaci. In ultimo, i supporti logistici, la cui qualità dipende dai supporti materiali (auto, PC, agende, telefoni) e dalla organizzazione ottimale dei tempi e percorsi di visita (time management di vendita).
Come si può notare, al crescere del livello di dettaglio emergono sempre più da vicino le leve strategiche da toccare, i passi concreti e operativi che l’azienda competitiva può attivare.
In altre parole, il variables reasoning permette di arrivare alla radice di cosa determina i risultati, e costruire il cruscotto aziendale, la sala controllo dell’impresa, il quadro comandi della competitività.
Dopo aver costruito il proprio diagramma di relazioni sull’obiettivo, l’impresa saprà dove destinare le risorse, e come impostare un sistema competitivo permanente (il vero risultato ricercato dal metodo ALM).
Lo stesso procedimento, applicato allo studio di un problema (es: il calo di vendite) produce ulteriore ricchezza di analisi, evidenziando gli errori da evitare.
Prima di agire su un calo di vendita, dovremmo infatti essere ben sicuri se il calo sia da attribuire a noi (alla nostra organizzazione e capacità interna) o all’andamento del mercato (domanda globale in calo o recessione) o ad entrambi. In un caso, ricercheremo rimedi interni, nell’altro caso dovremo aprire un’altra serie di domande: il calo è momentaneo o permanente, riguarda noi o tutti, quanto durerà, quali ne sono i motivi, ci conviene rimanere in questo settore, che alternative pensare.
Agire su un problema quale un calo di vendita avendone identificato i fattori causali, produce un risultato non immediato, ma duraturo (ad esempio, agendo sulla qualificazione della rete di vendita e sulle modalità motivazionali profonde). Un rimedio immediato può essere raggiunto tramite interventi superficiali (es: promozioni sui prezzi), con l’effetto di non agire sulle cause profonde, e soprattutto di abituare il cliente ad un prezzo inferiore, il che rende difficile poi ritornare ai livelli di prezzo normali. Gli interventi non-causali, quindi, realizzano spesso più un danno che un risultato (al di là delle apparenze del momento).
In conclusione, sia che si intenda agire con metodi “one way” quali la lezione, sia che si intenda favorire una scoperta autonoma dei Saperi, è necessario introdurre una fase di azione sui Saperi all’interno di un progetto più complesso, dove questi saperi vengano testati nel saper fare con progetti applicativi, e messi alla prova nel saper essere sottostante.
Quanto più ci allontaniamo dalla nostra zona di comfort tanto più possiamo fallire ma allo stesso tempo imparare cose che altrimenti non avremmo imparato mai.
Impariamo dal fallimento, non dal successo.
Bram Stoker
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